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Gordiano Lupi. Cronaca d'un viaggio annunciato
15 Ottobre 2014
 

Una volta ho fatto un viaggio con una tipa che qualcuno (compreso me) aveva candidato al Premio Nobel per la Pace. Cazzo, l’ha vinto Obama, poteva vincerlo anche lei, questo è vero, però io mica la credevo così questa tipa, insomma, non è che mi abbia fatto quell’impressione positiva che un’aspirante Premio Nobel per la Pace dovrebbe farti. La tipa è sbarcata a Fiumicino, io me la sono portata a Perugia dove ha tenuto una conferenza, intervistata da uno dei nostri giornalisti più famosi, dovevo parlare anch’io, ma tu lascia stare, è stato meglio così, ha parlato il giornalista famoso e un altro meno famoso, ma sempre più famoso di me, che non mi conosce nessuno. Insomma, la tipa ha parlato, un sacco di gente con le bandiere rosse ha fatto un casino che la metà bastava, lei se n’è stata buona buona ad aspettare che il casino sbollisse e poi ha ripreso a parlare dal punto preciso in cui s’era interrotta, come un robot programmato da qualche scienziato pazzo, in qualche parte del mondo.

La tipa era una di quelle latine strane che sembrano svizzere travestite, bevono vino rosso e si fanno di hamburger al Mac Donald, vestita come una Gandhi dei poveri, una San Suu Kyi latinoamericana, indossava una tunica di lino da suorina del Terzo Mondo in gita premio, consona al ruolo. Il giorno dopo me la sono scorrazzata fino a Torino, mezza Italia in auto, notare bene l’Italia non l’aveva mai vista, ma pure questa volta non ha visto molto, ché ha passato il tempo bendata di nero a dormire, era stanca, non ha alzato gli occhi per vedere appennini, fiumi, montagne, paesaggi insoliti, che so Roma vista da lontano, pianure padane, cazzi di fiumi Po, roba così. No, lei dormiva e quando si svegliava metteva mano a un cellulare e digitava, rispondeva a sms, mandava messaggi, scriveva, sembrava mio figlio adolescente, il suo mondo racchiuso nella tastiera d’un attrezzo chiamato aifon, che io so un cazzo come si scrive da quanto lo odio. Intelligente questo futuro Premio Nobel per la Pace, mi son detto, vedrai che prima o poi lo vince. Ma quando arriviamo a Torino sarà entusiasta di vedere Mole Antonelliana, Valentino, palazzi ottocenteschi… Cazzo volevi che le importasse dello stile liberty, solo telefonino, nient’altro che telefonino, tanto tanto una puntatina al pc. Doveva scrivere i post del suo blog, cazzo importava d’essere in Italia, a Torino, culla dei Savoia, antica capitale, dove persino Dario Argento s’era entusiasmato e aveva girato Profondo Rosso. A lei importava un piffero, Argento non sapeva neppure chi fosse ma pure con Cavour stava messa male.

In ogni caso l’ha ricevuta il sindaco, uno spilungone secco allampanato che parlava spagnolo; nemmeno ho dovuto tradurre, sono stato seduto come un salame di Jacovitti. Poi la tipa è stata accolta dalla redazione del giornale di Torino e pareva che di quello le importasse qualcosa, ché lei da grande vorrebbe tanto fare la giornalista. Alla televisione, invece, non ci voleva andare, temeva di esporsi, aveva paura di non vincere un premio che consegnano a Ischia alla gente famosa, la sua agente diceva che non doveva inflazionare l’immagine, e lei ci stava attenta, mica voleva perdere i soldi. Poi, di notte, ha tenuto un’altra conferenza, c’erano i soliti che contestavano, ma pareva che lo facessero così, per maniera, mica erano tanto convinti. Lei rispondeva flemmatica, solito stile robot programmato da uno scienziato pazzo, roba da Otto Krunz sul Corriere dei Piccoli.

Ultima tappa Monza. Squallore totale in un cinema triste di periferia, solita sceneggiata di una che parla, un’altra che contesta, blanda, tanto per fare, lei mica vuole che s’interrompa, no, pare tutto programmato, sembra che debba accadere. Io sempre meno convinto, anzi proprio disgustato, penso che il Premio Nobel per la Pace vorrei vederlo nelle mani di Geppo, il diavoletto buono della Bianconi, ché la sera prima in albergo rileggevo le sue storie. Per fortuna tutto finisce, la tipa parte, scappa via con un miliardario a bordo d’un macchinone guidato da un autista. Va' dove ti porta il culo, mi dico. E mica m’importa se non la rivedrò. Tipe simili meglio tenerle lontane, ché il mondo è pieno di gente che vive al telefonino e digita tasti del pc, solo che non ci campa. Capita, mi dico, che uno pensi una cosa, invece è un’altra. Pure i bambini a volte sbagliano, mangiano merda invece di cioccolata. È capitato anche a me. Ma adesso basta. Adesso mi sono messo a dieta.

 

Gordiano Lupi


 
 
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