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Infanzia finlandese
Amanda Vähämäki
Amanda Vähämäki 
17 Giugno 2006
 

Ho scoperto Amanda Vähämäki sulla locandina del “MI AMI”, un festival di musica indipendente che si è tenuto a Milano in Giugno. Su una delle locandine c’era un testone da bambina, lo sguardo puntato verso il basso ed un fumetto minuscolo che le usciva dalle labbra. Il disegno mi ha incuriosito a tal punto che sono andato a cercare il nome dell’autrice, che tradiva qualcosa di finnico.

Google, come al solito, ha fatto il resto, e sono risalito a Canicola ed ai contatti di questo gruppo bolognese di autori di fumetti.

Amanda mi ha spedito il suo libro Campo di Babà e da quella lettura, è nato il desiderio di intervistarla, come riportato qui di seguito.


Puoi raccontarci qualcosa della tua vita? Come sei finita in Italia?

Sono nata nel 1981 a Tampere. Da piccola volevo diventare la proprietaria di un negozio di animali. Ero molto timida. Mi sono trasferita in Italia perché dopo il liceo non avevo molto da fare. Dopo un anno ricco di avventure mi sono iscritta all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Mi sono diplomata a marzo e ultimamente l'ippodromo dietro l'angolo mi attira sempre di più.


Cosa è Canicola?

Canicola è un gruppo di persone, disegnatori e non, che si sono dati da fare per pubblicare una rivista di sole storie a fumetti in Italia, con un'attenzione particolare ai contenuti e alla poetica, se si può parlare della poetica dei fumetti...


Campo di babà è il tuo primo lavoro?

Sì, è il primo libro che pubblico. Prima avevo pubblicato solo storie brevi.


Mi piace molto il fatto che il libro cominci e finisca con scenari finlandesi (si riconoscono le betulle, i laghi, le fermate dell'autobus con i capanni per il latte) mentre in mezzo la storia si svolge in uno scenario urbano e di periferia suburbana/rurale italiana e in particolare emiliana.

È vero? Come mai il paesaggio finlandese compare quando il racconto nasce e poi quando finisce in una dimensione di sogno?

Sì, è vero. È una specie di riflessione sulla nostalgia. Viaggiando tra l'Italia e la Finlandia mi rendo conto che quando ritorno nei luoghi ai quali sono legata è sempre una delusione, perché il posto dove pensavo di tornare mi accorgo che non è mai esistito. Non si può più “tornare a casa” con le mani appiccicose dal rhum dei babà macellati...


In che modo è stato stampato il libro? Le parti a matita cancellate sotto i ripassi e gli aggiustamenti con l'inchiostro danno una strana aura a tutto il racconto, un po' come se le due dimensioni reale/sogno o italia/finlandia si sovrapponessero in continuazione e convivessero...

È tutto disegnato a matita. Avevo cominciato a disegnare in un taccuino direttamente senza una sceneggiatura scritta. Volevo che il libro assomigliasse il più possibile al taccuino originale, infatti la grafica è molto essenziale. Faccio un'enorme fatica a disegnare, gli errori e le cancellature ci sono per questo motivo.


Cosa ti piace fare a Bologna? Cosa ti manca di Tampere?

Un mio amico fumettista mi ha detto: «Disegno fumetti, ma poi non so cosa fare con me per il resto del tempo». Neanch'io. Ultimamente giochiamo a carte e così passa un po' di tempo.

Sarò banale ma della Finlandia mi mancano le passeggiate nei boschi.


Quale èil tuo rapporto con gli animali? Ce ne sono alcuni nel racconto.

Nei fumetti c'è una lunga tradizione di umanizzazione degli animali... In Campo di babà gli animali portano tutti un messaggio. Nella realtà il mio rapporto con gli animali non è così, non credo che siano dei simboli che camminano. Mi piace osservarli come un'altra forma di vita e il più delle volte, come tutti gli esseri umani, ci vedo qualcosa di umano che in realtà non c'è.


Abitando in Finlandia da un po' di tempo, mi sono accorto di quanto sia diversa l'infanzia qui e tutto il mondo che la circonda (penso ai Muumin ad esempio) rispetto all'Italia. Mi sembra che qui l'infanzia sia un periodo assolutamente a sé, con le sue regole ed una sua cultura, un suo mondo, che non è inferiore o preparatorio all'essere adulto, ma che convive con la dimensione adulta. Cosa ne pensi?

Sono d'accordo, penso che ci sia un approccio all'infanzia abbastanza diverso. In Finlandia i bambini vengono più spesso considerati come delle piccole persone, autonome, senza un'aura di “magia” e di “fantasia” che in Italia si è solito associare all'infanzia.

Noto, leggendo le recensioni di Campo di babà, che gli italiani hanno un disperato bisogno di definire l'età e il sesso della protagonista, e sbagliano quasi sempre. Per gli italiani è un bambino, e di conseguenza compie un viaggio “magico” nel mondo della “fantasia” (non avrei mai creduto che sarebbero pronti a definire la periferia bolognese un mondo fantastico).

Io non l'avevo visto così, per me era una rappresentazione di me stessa. Non mi interessa molto correggere, anche perché l'età e il sesso della protagonista non sono importanti per capire la storia.


Come sei finita a fare la copertina del “MI AMI”? Che musica ti piace?

Gli organizzatori mi hanno chiesto se potevo fare un manifesto e potevo. La musica che mi piace dipende dai momenti. In questa settimana mi sono fissata con la musica sacra, Risto e il ricordo persistente di una serata ad un karaoke bar. Ascolto molto la radio.


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Amanda Vähämäki

Campo di Babà

Edizioni Canicola, 2006


Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders comincia così: «quando il bambino era bambino, non sapeva d'essere un bambino. Per lui tutto aveva un'anima, e tutte le anime erano tutt'uno».

È da grandi, che cominciamo a costruire la nostra infanzia. Imponendole un nome, cerchiamo di dimenticarla, di renderla un’esperienza conclusa per sempre, sconfitta dall’inesorabile diventare adulti.

Il ricordo dell’infanzia si confonde con le rappresentazioni di essa, che ogni giorno ci troviamo ad osservare in televisione, a leggere sui giornali, ad osservare, da estranei, nelle scuole materne o nelle case di amici, dove piccoli ospiti cercano di ritagliarsi uno spazio tra la collezione di dischi paterna e la pila materna di riviste femminili.

Insomma, da grandi, dei bambini non si sa veramente niente, non ci si ricorda niente. Per fortuna ci sono le epifanie, le ‘rivelazioni improvvise’, che ogni tanto ci restituiscono un bagliore di ciò che è stato; il ricordo di un odore, di un sapore, di una filastrocca, che non riusciamo proprio a classificare attraverso il linguaggio, perché il linguaggio, in quel periodo, non lo sapevamo ancora usare.

La bellezza di Campo di Babà è proprio questa, il libro è capace di restituirci il reale, così come lo abbiamo percepito quando non sapevamo parlare, non sapevamo fare di conto, non sapevamo da dove venivamo o dove andavamo.

Il mondo di Amanda è quello dell’indolente vita studentesca: frighi pieni di marciume, cambiare canale in continuazione perché non c’è proprio niente alla televisione, il fascino delle osterie con i vecchi che giocano a carte, girare in macchina per Bologna senza sapere dove andare.

Allo stesso tempo è anche una cosmogonia dell’infanzia: orsi che guidano la macchina, paperino, vecchie emiliane strabiche, dinosauri, grassoni sudati e cani che si lamentano.

I personaggi di Campo di Babà hanno i testoni da bambini, piangono, si spaventano, si arrabbiano e si sorprendono di quello che succede attorno, come se fossero lì per la prima volta, come se tutto stesse succedendo per la prima volta.

Ed é proprio qui che entra in gioco la Finlandia.

La foresta finlandese compare all’inizio e alla fine dell’odissea della protagonista, è una foresta familiare, la buona vecchia foresta, quella che ogni tanto ci manca e allora ci mettiamo una giacca a vento e andiamo a farci un giro.

Prendendo in considerazione la storia culturale di questa piccola nazione nordica, si nota come la natura rappresenti sempre valori positivi, legati ad una âge d’or agognata continuamente. La foresta è un luogo sicuro, privo di pericolo, su cui si basa il concetto stesso di nazione finlandese. Nella foresta si torna volentieri, ogni fine settimana, come se la vita in città fosse una costrizione moderna.

La foresta ci riporta allo stato di natura dell’infanzia? No, ma sicuramente mette in dubbio il modo in cui ci siamo costruiti “adulti”, allo stesso modo di Campo di Babà.


Giacomo Bottà

 

 

Per acquistare il libro Campo di Babá o qualche numero della rivista Canicola, scrivere a: ugremio75@libero.it

Per ulteriori informazioni:

www.canicola.net

http://ilgruppocanicola.splinder.com/


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