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Anna Lanzetta: “Romanzo storico e pittura di storia”. Arte per gli istituti tecnici 3
Fanolli: La partenza dei Promessi sposi
Fanolli: La partenza dei Promessi sposi 
03 Dicembre 2008
 

(“I Promessi sposi” nella palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti). Continuando il nostro percorso sul “Romanzo storico e pittura di storia”, vogliamo riprendere il discorso sui Promessi sposi per parlare della sala della Meridiana affrescata con scene tratte dal Romanzo.

Questo romanzo ebbe, nel proprio contesto storico, e ha avuto fino ai nostri giorni, una tale fortuna da essere rappresentato con quasi tutti i generi espressivi. Ma prima di procedere, vogliamo soffermarci sul rapporto arte-potere, dato che in seguito parleremo del rapporto di Manzoni con il granduca Leopoldo.

L’arte, per noi, è lo strumento con il quale l’uomo utilizzando forme, strutture e colori esprime il proprio pensiero che può cambiare a seconda del contesto storico in cui opera. Noi pensiamo infatti che l’arte dipenda dal pensiero dell’uomo e dal contesto storico in cui si sviluppa una civiltà e la cultura di un popolo e che questo contesto spesso determini le correnti artistiche, influenzi lo stile degli artisti e il loro rapporto con il potere. Fin dalla storia antica è esistito il rapporto tra arte e potere, infatti chi possedeva una maggiore disponibilità economica, ospitava a corte gli artisti che non disponevano di propri mezzi, ma che avevano talento e commissionava loro le opere, condizionandone spesso la creatività. Le “Arti” hanno rappresentato e rappresentano in ambito culturale uno dei mezzi di comunicazione più immediato ed efficace per trasmettere messaggi al popolo e sono state nel tempo un mezzo per abbellire le dimore signorili, interagendo spesso tra loro.

È a questo punto che ci sembra opportuno parlare del rapporto che il granduca Leopoldo II ebbe con Manzoni (Le notizie di seguito riportate sono tratte da: Sezione Didattica degli Uffizi Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Romanzi e pittura di storia, a cura di Carlo Sisi. Scheda n. 7 e Appendice II, 1988).

L’orologio solare, posto in un loggiato aperto della fabbrica medicea, e tuttora esistente nel pavimento del vestibolo dell’edificio eretto in epoca lorenese, dà il nome al quartiere della Meridiana.

Le sale, decorate con soggetti storici, si trovano nella porzione della Meridiana costruita dall’architetto Poccianti per l’ultimo granduca Leopoldo II.

Nella palazzina si trovano varie gallerie: quella delle Scene dei fasti di Cesare del Bezzuoli, quella dei Romanzi storici, affrescata nel 1862 da Annibale Gatti e varie sale come la Saletta verde, la cui decorazione pittorica con Storie della vita del Tasso fu realizzata da Antonio Marini negli anni 1860-61; la Sala rossa raffigurante la Congiura dei Pazzi eseguito da Cesare Mussini nel 1861, e la sala dei Promessi sposi; quest’ultima desta particolare interesse per la realizzazione dell’affresco del soffitto (1834-37) da parte del pittore Nicola Cianfanelli.

Nel 1832 morì la moglie di Leopoldo II, Maria Carolina di Sassonia. Il Granduca decise allora di affrescare una sala della Palazzina della Meridiana con alcune scene dei Promessi sposi. Inviò quindi una lettera a Manzoni, in cui gli diceva che voleva affrescare una stanza della Palazzina con alcune scene di «quel libro così ben riuscito e che era stato capace di riaccendere l’entusiasmo nei cuori delle persone». Manzoni però fu dapprima restio ad accettare la riproduzione di alcune scene del suo romanzo dato che per lui una cosa era l’arte altro la letteratura e solo quando il granduca gli ebbe spiegato in una lettera le ragioni (anche di natura politica) che lo avevano spinto a tale richiesta, accettò:

 

Tutti i buoni attendono dall’animo suo e dalla sua penna nuovi rimedi alla vertigine dei nostri tempi, e avversione alle idee storte e scorrette di cui abbonda la massa e calma le passioni eccitate che stanno in presente e tengono il corpo sociale come malato di tanta febbre.

Intanto deve essere a Lei di consolazione poterle asserire che ho trovato i suoi Promessi Sposi per le più meschine osterie malconci ed affumicati per il molto leggerli e molti forestieri quando scendono in Italia viaggiare con quel libro alla mano e persone di alto rango e persone di bassa estrazione. […]

 

Si poneva il problema della scelta degli episodi da rappresentare e furono scelti episodi che non fossero in contrasto con la morale del tempo con l’esclusione della Monaca di Monza:

 

Quindi l’infelicissima Geltrude non comparisce mai in queste rappresentanze, e perché non ha parte al lieto fine del romanzo, e perché, sebbene ne sia forse uno degli episodi più squisiti, la sua immagine, richiamando i capitoli IX e X e, che lacerano l’anima de’ lettori, obbligherebbe in questa sala a concentrarsi in una cupa, ineffabile malinconia. […]

 

Gli episodi prescelti furono:

L’incontro di Lucia con Don Rodrigo (La scommessa);

Lucia pronta per le nozze (L’imbasciata misteriosa);

Renzo che impreca contro Don Rodrigo (La gelosia furibonda);

Il Griso alla casa di Lucia (Il finto mendico);

L’arrivo dopo la fuga (La fuga);

Il perdono di Lodovico (Padre Cristoforo);

Lucia e l’Innominato (L’Innominato);

L’Innominato e il cardinale Federigo (La conversione);

Renzo che fa l’elemosina (Il fuoriuscito);

Renzo, Lucia e Fra Cristoforo al Lazzaretto (Il Lazzaretto);

Le nozze di Renzo e Lucia (Lo sposalizio);

Ritratti di Manzoni e del cardinale Borromeo.

 

Manzoni rispose al Granduca con una lettera datata 2 marzo 1833:

 

Il pittore Cianfanelli mi ha comunicato i soggetti che l’Altezza Vostra si è degnata e ha saputo così bene scegliere: la Quale può ben pensare con che animo e con che premura io sia per servire questo artista di tutte le notizie che gli possano occorrere immediatamente o procurare in qualche modo.

 

Cianfanelli, al quale era stato dato l’incarico, per affrescare le scene in modo più reale, si recò a Milano per osservare i costumi e i paesaggi, vista anche la disponibilità del Manzoni di fornirgli dettagli e informazioni.

Anche se non abbiamo visto direttamente queste opere, confrontando alcuni affreschi che il Prof. Sisi ci ha illustrato con i rispettivi episodi de I Promessi sposi, abbiamo notato che le opere di Cianfanelli esprimono una rappresentazione pittorica molto accurata nei particolari e fedele al romanzo. Questo ci ha consentito, più che in altre occasioni, di porre in sinergia l’arte (in questo caso l’affresco) e il romanzo storico.

 

La lettura di questi affreschi è stata interessante perché ha richiamato la nostra attenzione sugli elementi che caratterizzano un’opera d’arte:

Autore: Nicola Cianfanelli (Mosca 1793-Firenze 1848)

Titolo: Storie dei Promessi sposi.

Luogo: Appartamenti reali della Meridiana di Palazzo Pitti.

Tecnica: affresco.

Soggetto: le scene precedentemente riportate.

Collocazione: gli affreschi sono distribuiti sulla volta e sulle lunette della sala.

Committenza: Nicola Cianfanelli riceve nel 1834 l’incarico da Leopoldo II.

Vicende: Sabatelli fu il primo, tramite Cianfanelli, a riprodurre su un cartone le storie dei Promessi sposi.

 

Molti sono stati i pittori che hanno attinto dai Promessi sposi temi per i loro quadri:

Michele Fanolli (1807-1876) dipinse nel 1831 La partenza dei promessi sposi, (olio su tela). L’episodio è diviso in più scene: Lucia con lo sguardo rivolto all’infame castello donde vennero le sue sventure; Agnese che indica con un gesto accorato del braccio il paese e la casa, forse abbandonati per sempre; Renzo in atteggiamento confuso, non pienamente consapevole dell’accaduto e assolutamente incerto dell’avvenire; il barcaiolo che, con la sua indifferenza, offre un contrasto tra il suo stato d’animo e il loro.

Importante è l’aspetto fisiognomico di questi personaggi, perché con i loro atteggiamenti e con l’espressione del volto, esprimono chiaramente il proprio stato d’animo, proprio come fa Manzoni utilizzando le parole, la frase e il periodo.

In alcuni elementi rappresentati, come il castello, abbiamo notato un’affinità con i romanzi di Walter Scott.

Molti pittori rappresentarono scene e personaggi dei Promessi sposi: Francesco Hayez (1791-1882) rappresentò un “bravo” del 1600 con colori chiari e caldi. Il bravo ha un fisico imponente, un volto austero e tratti somatici ben delineati; indossa un cappello grigio con piuma rosa, una casacca fermata in vita da una cintura molto grossa, un paio di fouseaux e stivali grigi. In una mano tiene un coltello e nell’altra regge una spada. Sull’angolo destro sono rappresentati due bravi non ben delineati che sembra stiano litigando.

Michelangelo Grigoletti (1801-1870) dipinse Lucia ai piedi dell’Innominato (olio su tela). Quest’opera fu molto elogiata da Manzoni, perché trasmette sentimenti, emozioni e commozione

Infine, Alessandro Guardassoni rappresentò La controversia dell’Innominato (olio su tela). In primo piano troviamo l’abbraccio tra il Cardinal Federigo e l’Innominato: il primo indossa una veste rosso-sgargiante che rappresenta la potenza della Chiesa in quel periodo, l’Innominato invece indossa una veste scura, appare disorientato e afflitto.

In un’opera d’arte sono importanti sia i costumi, perché rappresentano la moda di un’epoca e la classe sociale di appartenenza sia i colori per il loro significato simbolico.

 

A. L.

 

Opere citate:

Niccola Cianfanelli, Lucia ai piedi dell’Innominato, 1834, olio su tela. Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti

Michele Fanolli, La partenza dei Promessi sposi, 1831, olio su tela. Padova, Museo Civico

 

Notizie sulla Meridiana:

Si tratta della meridiana del tipo 'a camera oscura', situata nell'angolo settentrionale della sala antistante la Palazzina della Meridiana, oggi sede della Galleria del Costume.

Fu proprio quel congegno di tipo scientifico a dare il nome alla Palazzina della Meridiana: un foro nel soffitto (foro gnomonico) attraverso cui filtrava il raggio di sole che ogni giorno, andando a cadere su un'asta graduata, indicava l'ora di mezzogiorno in tutti i giorni dell'anno. Quando Pietro Leopoldo di Lorena fece sopraelevare l'edificio, a partire dal 1776, il foro fu occluso e la meridiana perse la sua funzione ma, il suo nome rimase.

La meridiana fu opera di Vincenzo Viviani (1696), matematico e allievo di Galilei. È costituita da due semiquadranti, uno verticale, lungo l'angolo settentrionale della sala, ed uno orizzontale incastonato nel pavimento; nell'arco dell'anno il sole a mezzogiorno la percorreva in lunghezza, raggiungendo la sommità alla parete nel solstizio invernale e l'estremità sul pavimento nel solstizio estivo. Lo strumento aveva una funzione calendariale e reca incisi i giorni dell'anno e i segni zodiacali. (Notizie di Nicoletta Curradi)


Foto allegate

Cianfanelli: Lucia ai piedi dell
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