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Marisa Cecchetti. “I passi di mia madre” di Elena Mearini
08 Febbraio 2021
 

Elena Mearini

I passi di mia madre

Morellini Editore, 2020, pp. 160, € 15,90

 

Storia di una assenza, quella che Elena Mearini racconta ne I passi di mia madre, ma in questa parola non può stare tutto: è vuoto, mancanza, privazione, negazione, sofferenza. Perché è la madre che manca.

A tanti anni di distanza la figlia ormai adulta la cerca tra la gente, magari attratta dal colore dei capelli di una donna che gliela ricorda; prova ad immaginare quale sia l’aspetto della madre che è uscita di casa e non è più tornata quando lei era ancora una bambina: “Mi salutò col bacio sulla guancia e un odore di ammoniaca mescolata a miele, quasi volesse stordirmi nella maniera più dolce. Alle sue spalle la porta di casa si richiuse con lo scatto di chi esala l’ultimo respiro”.

È cresciuta col padre che ha cercato di riempire il vuoto con il lavoro, l’azienda, il guadagno, una donna, perché la piccola non poteva curarne lo smarrimento: “io non gli bastavo, troppo piccola e poca per il suo solco grande e profondo, briciola che mai avrebbe potuto sfamare il gigante”.

Ha il ricordo di una madre un po’ fredda, che si prendeva cura della figlia ma senza dimostrarsi coinvolta, come se fare la madre fosse un dovere o un peso, così come fare la moglie. Una donna molto bella e ammirata, che metteva se stessa al centro, che si prendeva ogni libertà, che sapeva fingere per nascondere storie di amanti: “Sempre via dal tempo, mia madre. Era prevedibile che se ne sarebbe andata via anche da noi”.

Tamia – così la chiama il padre affettuosamente – ha somatizzato il vuoto, lo ha fatto divenire una parte di sé, della mente e dello stomaco: non sente l’esigenza di cibo, le bastano pochi crackers e qualche yogurt, poi tante gocce di Xanax per affrontare l’impegno delle giornate e la solitudine delle notti, per addormentare l’incertezza e il panico in agguato.

Il cellulare è il suo compagno, quasi un’ossessione. È sempre in attesa di un messaggio o di una chiamata da parte di un uomo, Samuele, che ha scelto di far entrare nella sua vita e che le manca come l’aria che si respira, che le dedica scorci di tempo, e non è libero. Quell’uomo è la sua illusione d’amore, quello che riesce momentaneamente a riempire il vuoto che si allarga in lei.

Marco invece è il vicino di casa, presenza silenziosa e costante che desidera il suo corpo, a cui lei si dà mentre attende che il cellulare si accenda portandole il nome dell’altro.

La madre scomparsa senza una spiegazione ricompare tuttavia quando il romanzo inizia a scorrere su due linee parallele: lei la immagina, la racconta, le parla, ne ricostruisce i passi, i giorni, i pensieri, collocandola in una terra che era loro familiare, quella della Liguria, dopo aver scartato ogni altra scelta: “Erano i luoghi degli avvistamenti, una serie di località in cui il visionario di turno sosteneva di averla incontrata”. Ricostruisce una storia verisimile perché deve capire “cosa l’ha spinta a rimuovermi dalla sua vita come se fossi stata una di quelle macchie d’unto attorno ai fornelli che lei proprio non sopportava”.

Ma la storia ha in sé anche un bisogno d’amore e di riconciliazione, perché offre alla madre la possibilità di riconoscere i propri errori e di chiedere perdono, di umiliare la propria bellezza. Intanto si accorciano le distanze, si ammorbidisce il ricordo dell’offesa e dell’abbandono.

La finzione diventa così concreta che un giorno la giovane decide di recarsi sul luogo dove l’ha immaginata e di cercare sue notizie: lì scopre una verità che non avrebbe mai potuto sospettare, che le svela aspetti sconosciuti della madre ed un segreto che giustifica la fuga senza ritorno.

Tamia ora è alla fine di un percorso, sia pur doloroso, che ha contribuito a fare di lei una figlia nuova ed una donna più forte: “Mi esce una voce adulta di donna a cui non occorre più tenere il palloncino legato al polso per paura di restare sola in terra”.

Finalmente non sente più il bisogno di amori sfuggenti, ma sceglie la concretezza, riconosce l’importanza di persone fidate e vicine, ed anche di cibo vero.

 

Marisa Cecchetti


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