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Roberto Dell’Ava. Luci alla centrale: Ambria Jazz nel vivo
26 Luglio 2022
 

Nel fitto programma di “Ambria Jazz” il week end del 22 e 24 luglio rappresenta uno dei punti di maggiore qualità delle proposte di questa edizione. In programma il venerdì sera la live performance di Simone Graziano e Claudia Caldarano, Piano solo corpo solo, un incontro tra il pianoforte e la danza, un evento nel senso pieno della parola, che probabilmente esula nel senso più stretto da un festival jazz, ma che in realtà lo arricchisce e lo proietta in un contesto di contemporanea multiforme pratica artistica.

Nella fornace dell’Auditorium S.Antonio, il palco presentava oltre allo strumento musicale un nero parallelepipedo, una specie di enorme cassapanca di legno, l’attrezzo usato dalla danzatrice come protesi ed estensione del proprio corpo. Su di esso Claudia ha danzato, pattinato, saltato, con un effetto percussivo che ben sottolineava la durezza agonistica e la fisicità della proposta. Un set a corpo libero, in cui arrampicarsi, nascondersi, confondersi con la struttura, sottolineando e incorporando la musica che il piano preparato di Graziano ha elargito, traendo i motivi dall’ultimo album risalente allo scorso anno, Embracing the future.

Una musica densa e corposa, fatta di brevi grappoli di note ripetute, ora rallentando ora accelerando. Minimalista e sulle orme di un Philip Glass piuttosto che di un Bill Evans, Graziano racconta così la sua esperienza del piano preparato come John Cage ha insegnato:

«Quel suono assurdo, così diverso da ciò che avevo sempre sentito», dichiara il musicista a proposito della possibilità di suonare il piano dall’interno, agendo direttamente sulle corde, «mi ha spinto a indagare al di là della barriera bianca e nera della tastiera: ho messo tra le corde del piano un po’ di tutto, dai filtri delle sigarette alle gomme da cancellare, alla carta igienica interamente disegnata da mia figlia. Ciò che tuttora mi fa impazzire è proprio il senso di incertezza che si prova davanti a quel suono che ho sempre pensato immutabile, e che invece a seguito di un semplice oggetto cambia radicalmente. Questo senso di incertezza riflette esattamente la sensazione che provo oggi davanti alla nuova realtà: siamo obbligati a ripensare a tutto ciò che abbiamo dato sempre per scontato. Nel riflettere sulla nostra condizione scopriamo altri modi di relazionarci col mondo, così come mettendo un filtro di sigaretta nel pianoforte scopro un nuovo modo di pensare quel ‘mobile’ tutto nero».

Una proposta raffinata ma non per tutti, e difatti l’Auditorium era tutt’altro che traboccante, ma chi ha avuto la fortuna di esserci ha assaporato una performance godibile e intensa, non a caso la coreografia ha vinto “Residanza” nel 2021 ed è proposta in collaborazione con “Novara Jazz”.

Completamente diversa la proposta del sabato sera, nello spazio della centrale Edison di Piateda il palco ha visto l’esibizione del forte quartetto di Lars Danielsson, Liberetto. Bassista dal suono sontuoso, lirico e potente, caldo e fortemente ritmico, Danielsson continua la tradizione dei formidabili contrabbassisti scandinavi, unendo anche una vena compositiva melodica e ispirata e una intelligente scelta dei propri collaboratori.

Il gruppo infatti ha pubblicato ad oggi 4 album in dieci anni, modificando in corsa il pianista, passando dai colori caucasici di Tigran ai profumi caraibici di Gregory Privat senza perdere nulla in termini di qualità. Rispetto agli album a Piateda non era presente il batterista Magnus Ostrom, formidabile colonna nel rimpianto trio E.S.T., sostituito da Robert Ikiz, e nonostante la buona prova di quest’ultimo, qualcosa si è perso in termini di elasticità e leggerezza. Note di merito per il talento strabordante del giovane pianista francese, ma anche per il seducente e quieto sound rappresentato dalla chitarra di John Parricelli, tanto poco appariscente quanto solido e ricco di sostanza, una vera conferma ed un pilastro irrinunciabile del quartetto.

Il programma ha visto sfilare quasi tutti i brani dell’ultimo album, Cloudland, con qualche ripescaggio tra le composizioni dei precedenti album, per terminate con il tema celeberrimo di Liberetto, dal primo album, suonato come primo bis. Magistrale il breve solo di Danielsson, dove tecnica e sentimento si sono fusi in un fantastico attimo sospeso nel tempo. Da solo questo piccolo brano è valso l’intero ottimo concerto. La musica del gruppo è una sapiente mistura di ritmo, cantabile melodia che trae ispirazione sia dal folklore scandinavo che dalla musica classica, senza disdegnare aperture al rock e all’improvvisazione libera, sopratutto grazie ai voli solistici del pianista. E se il pubblico la sera prima ha nicchiato, per la proposta di Danielsson è invece accorso in notevole numero, dando ragione a chi continua a proporre buona musica in un panorama valtellinese musicalmente ben poco entusiasmante.

 

Roberto Dell’Ava


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