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Lidia Menapace. Chiara Saraceno 
Della gestazione per altri, martedì sera su La7 con Floris
03 Marzo 2016
   

Chi non ha visto Chiara da “Di martedì”, appunto l'altra sera, non ha visto un bello consolante e motivo di giusto orgoglio pezzo di Storia. L'avevo indicata – se mai la repubblica si fosse ricordata che è in gran debito verso le cittadine per non aver mai nemmeno cercato se qualcuna ve ne fosse stata (a cominciare da Nilde Jotti, Tina Anselmi e altre) degna e capace di stare al Quirinale come Presidente della Repubblica – ed ero felice. Ne avevo anche indicate altre, come dico sopra.

Cerchiamo di raccogliere ciò che ha detto sulla “gestazione per altri”, giusto linguaggio freddo e corretto per riavviare il dibattito sui problemi degni di questo nome e farla finita con le sfilate di asini e oche urlanti che si interrompono maleducatamente, si parlano addosso facendoti sempre venire in mente che stanno pisciando fuori dal vaso e cerchiamo persone, soprattutto donne, capaci di parlare, di farsi capire, di convincere e suscitare proseguimento del pensiero, uso della ragione e della passione.

Insomma: non se ne può fare a meno. Chiediamo che La7 mandi in giro la registrazione (eccola! L'intervento di Chiara Saraceno è al minuto 27:30 -sulle pensioni- e in chiusura -2:27:42- sulla cd. Gestazione per altre/i, ndr), oppure che lei stessa mandi a qualche lista il testo di ciò che ha detto (qui riprodotto in calce, ndr). La mailing list intitolata a me è a completa e felice disposizione, ciao abbracci,

 

Lidia Menapace

 

 

Intervento di Chiara Saraceno a “DiMartedì” La7

puntata 01/03/2016 (in chiusura, 2:27:42)

 

Floris: Ci dice in cosa consiste o come si può spiegare la maternità surrogata, che poi passa nel dibattito con il termine crudo di “utero in affitto”, ci descrive di cosa si tratta?

Saraceno: Intanto “utero in affitto” è già una bruttissima espressione che bisognerebbe rifiutarsi di usare, perché nega la personalità delle donne.

La “maternità surrogata” o la “gestazione per altri” è quel rapporto per cui una donna si presta ad accettare dentro di sé l’embrione fecondato e a portarlo a termine nella gravidanza.

La cosa può avvenire in modi molto brutti nei Paesi in via di sviluppo – per cui sono donne povere, spesso che fanno questo per mantenere la famiglia, senza alcuna libertà, costrette addirittura a stare segregate e così via – o invece può avvenire, di solito nei Paesi occidentali sviluppati, da parte di donne che non sono povere, anzi che sono scelte proprio perché non sono povere anche dalle agenzie o addirittura dagli organismi pubblici, che di solito hanno già avuto dei figli, che hanno una loro famiglia e che lo fanno perché pensano di poter essere utili a chi – coppie di sesso diverso in cui la donna non ha l’utero o comunque non può avere figli oppure a coppie di uomini – vuole avere un figlio e altrimenti non potrebbe averlo.

 

Floris: Può essere legale disporre di una parte del proprio corpo, cioè cedere l’utero a una coppia che poi prenderà il figlio che tu hai avuto in gestazione?

Saraceno: Innanzitutto non si cede l’utero, si cede il proprio tempo, la propria accoglienza, l’intero proprio corpo, la propria umanità: cominciamo a pensare bene di cosa stiamo parlando. La domanda “può essere legale?”: il fatto è che in alcuni Paesi, anche democratici, lo è.

 

Floris: La differenza tra la mia domanda e la sua risposta probabilmente è solo in quello che può essere il compenso economico: se c’è un compenso economico, tu hai ceduto una parte del tuo corpo.

Saraceno: No, non è vero. Anche quando c’è un compenso economico – e poi bisogna distinguere tra compenso e rimborso, perché comunque si dà tempo, si dà energia, si dà salute – comunque la donna c’è tutta intera, c’è tutto il suo tempo, c’è il suo pensiero, ci sono i motivi per cui accetta di farlo. Anche nelle condizioni estreme di sfruttamento, considerare solo che queste donne prestano l’ utero è una mancanza di rispetto, è una negazione di quello che sono. Poi ci può piacere o non piacere, ma cominciamo a vederle come esseri interi.

 

Floris: Secondo i critici… ad esempio il cardinal Bagnasco dice «la maternità surrogata alla base di un concetto errato di diritti e doveri», cioè che un figlio sia un diritto. Lui dice, se non hai questa possibilità di avere un figlio, come fai a supplire a questa mancanza affidandoti - magari dietro a un contratto, perché negli Stati Uniti d’America si firma comunque un contratto – alla gestazione di una terza persona? C’è il malinteso pensiero di avere il diritto di avere un figlio?

Saraceno: C’è il “diritto di provarci”, non il “diritto di avere”. Chiunque, anche quelli di noi che ci riescono o ci sono riusciti più facilmente, non pensa di avere il diritto di averlo ma di provarci.

In questi ragionamenti, a me colpisce sempre il fatto che non si entra mai in merito al “diritto” di avere un figlio, in questo caso, di coloro a cui “viene più facilmente”, diciamo così.

Invece alle persone che, per salute, condizioni personali, per qualche motivo, non “viene facilmente” o è addirittura impossibile – non penso solo alle coppie gay, penso anche alle coppie eterosessuali che sono la maggioranza di quelli che ricorrono alla gestazione per altri – si pensa che loro abbiano un diritto inferiore, cioè è come se il fatto di essere infertili dovesse essere un destino in cui la natura, la razionalità e il desiderio si sovrappongono senza soluzione di continuità e questo è proprio sbagliato…

 

Floris: Quando dicono «non si può andare contro quello che la natura ci ha assegnato»…

Saraceno: Anche con l’adozione si adotta, si fa proprio un figlio che ha fatto qualcun altro: in questo caso un figlio che c’è già, un bambino che c’è già e che si fa diventare proprio figlio, e nel caso della gestazione per altri, invece, è frutto proprio di un’intenzionalità forte da parte dei genitori. Non è la stessa cosa, ma in entrambe le situazioni il figlio è stato fatto da altri e quindi la sua mamma legale, sociale o il suo genitore sociale non coincide con la sua mamma naturale.

Sono tante le situazioni.

 

Floris: È questa la chiave? Le cose che esistono vanno accettate o quantomeno regolamentate, ma bisogna farsene una ragione? Lei sa che adesso c’è anche l’idea di rendere reato l’utero in affitto, la maternità surrogata, anche qualora venga fatta in Paesi che, invece, lo consentono?

Saraceno: Partiamo dai bambini: i bambini che ci sono hanno diritto ad avere i genitori che hanno, non quelli che noi ci immaginiamo che dovrebbero avere. Se ci sono due persone che li hanno voluti, questo è il loro diritto alla loro famiglia, quella è la loro famiglia.

Rendere, poi, un reato universale la gestazione per altri non escluderebbe, affatto, il fatto che si continuerà a farlo in certi Paesi, come si faceva un tempo l’aborto e lo si farà in modo non regolamentato. In realtà, quello che dovremmo chiedere è che se avviene, quando avviene, deve avvenire nel massimo delle garanzie per le donne che si prestano, compresa la garanzia di potersi tenere il bambino se alla fine cambiano idea, compresa la garanzia che se vogliono possono continuare ad avere rapporti con questa famiglia che hanno contribuito a crescere, e così via.

Cioè, dobbiamo accompagnare con discrezione e con rispetto per la libertà le persone, tutti i soggetti, tutte le famiglie che si creano così.

L’idea di creare un reato, di mettere in prigione, vuol dire che creiamo degli orfani.


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