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Almirante, Fini e la grossa coalizione 
Diversamente che in Germania, in una delle coalizioni italiane c'è qualcosa che ha molto a che fare col passato fascista
Gianfranco Fini con Giorgio Almirante
Gianfranco Fini con Giorgio Almirante 
14 Giugno 2006
 

Il ministro degli esteri uscente ha meritoriamente – ma non senza un sospetto di opportunismo – riconosciuto l’obbrobrio delle leggi razziali fasciste del ’38 e l’orrore del genocidio nazista. A proposito, che ne direbbe il suo maestro e pronubo Almirante, complice di ambedue? Il solenne mea culpa pronunciato in pieno giubileo da Giovanni Paolo II è rimasto lì, a mezz’aria, senza seguito, senza storia. Non si è capito, tra l’altro, quanto quel gesto sia stato condiviso da tutti nelle alte sfere ecclesiastiche. Qualche dubbio su questo è trapelato, ma è rimasto anch’esso a mezz’aria. L’amore per la verità che caratterizza – o dovrebbe caratterizzare – la Chiesa, non sempre si traduce in veracità e trasparenza nei rapporti tra le sue varie componenti, a cominciare da quel “popolo di Dio” che il maggior documento del Concilio, la Lumen gentium poneva al centro dell’intero sistema. Ai piani alti della gerarchia è forte il sospetto che tutto avvenga come se si trattasse di una faccenda tra di loro. Quel diritto ad un opinione pubblica nella Chiesa auspicato perfino da un insospettato Pio decimo secondo in tempi pre conciliari, è lì da venire. Si dirà: ma c’è la stampa, ci sono i mezzi di comunicazione, è vero ma si tratta, salvo rare eccezioni, di gente magari curiosa, magari “devota”, ma impreparata. Sta il fatto che quel magistrale mea culpa non ha attraversato e permeato il grande corpo ecclesiale. Qualche voce sparsa è subito circondata dal sospetto e, nei casi migliori, isolata, salvo ricuciture postume e onoranze postume. Si pensi a un Mazzolari, a un Turoldo, per fare solo due nomi familiari, fra i tanti. In tempi considerati, secondo una vulgata bassamente laicista, oscuri, c’era all’interno della Chiesa, più libertà di quanta ce ne sia in una Chiesa che non ha mai finito di riaversi dal trauma subìto nell’incontro con la modernità. Penso, per esempio, al 1200, alla nascita e alla varietà molteplice dei grandi Ordini religiosi post monastici, dai Francescani in giù, compreso il mio, ora un po’ soverchiati da altre presenze più direttamente legate al concerto politico, per non dire partitico del momento. E basti, su questo una considerazione, anch’essa non nuova: chi può guardare più lontano se non chi viene, appunto, da più lontano? Se si guarda più in profondità, fuori dal clamore pubblicitario, che cosa scorgiamo? Un sommesso, ma storicamente significativo, rigermogliare di vocazioni verso gli Ordini più antichi.

* * *

Date le mie condizioni – che sono quelle di non essere più in grado né di leggere, o rileggere, né conseguentemente di scrivere; queste note vengono redatte sotto dettatura – mi può capitare di tornare su argomenti già affrontati in precedenza. Uno di questi riguarda il ministro degli esteri uscente che ha meritoriamente – ma non senza un sospetto di opportunismo - riconosciuto l’obbrobrio delle leggi razziali fasciste del ’38 e l’orrore del genocidio nazista. A proposito, che ne direbbe il suo maestro e pronubo Almirante, complice di ambedue? Ma questo importa meno, importa invece un altro aspetto: perché continuare ad avercela con chi questo riconoscimento l’ha compiuto in tempo storico reale, traendone conseguenti scelte politiche e, prima e più che soltanto politiche, morali e non parecchi decenni dopo? Parecchi decenni vogliono dire un’epoca.

* * *

Le recenti elezioni politiche hanno mostrato – a noi e a chi ci guarda da fuori (e quest’ultimo è un aspetto che conta) – un paese spaccato in due. Si potrebbe dire: niente di nuovo, era già capitato poco prima in Germania. Perché in Germania è stato relativamente facile uscire dall’impasse con una coalizione tra le due parti? Sul fatto che in Italia il ricorso ad una coalizione non sia altrettanto facilmente praticabile si può azzardare una spiegazione: nessuna delle due parti in lotta nella Germania federale ha qualcosa a che fare col passato nazista. Anzi su questo c’è una sostanziale unità di fondo compatibile con la diversità delle opinioni politiche. In Italia invece in una delle coalizioni c’è qualcosa o qualcuno che ha molto a che fare col passato fascista. Qui sta la differenza.

* * *

Concludo segnalando il libro in uscita a cura del Museo Etnografico Tiranese che raccoglie le puntate della rubrica “Giardinetto” firmate da Alma De Piaz dal ’53 al ’75 sul Bollettino del Santuario di Madonna di Tirano. Il titolo “I giardinetti di Alma”, tanta vita, tanta storia (e tante storie), tanti personaggi gravitanti attorno alla fatidica piazza rivivono davanti ai nostri occhi sotto la penna piena di grazia di questa mia sorella più grande.


Camillo de Piaz

(da Tirano & dintorni, giugno 2006)


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