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Marisa Cecchetti. “I soldati delle parole” di Frank Westerman
12 Novembre 2017
 

Frank Westerman

I soldati delle parole

Traduzione dal nederlandese di Franco Paris

Iperborea, 2017, pp. 352, € 18,50

 

Henk Havinga e Dirk Mulder sono stati senza alcun dubbio i soldati delle parole. Psichiatri, sono stati capaci di mettersi nella mente dei terroristi, durante sequestri realizzati dai molucchesi dei Paesi Bassi negli anni ’70 del secolo scorso, ed evitare il ricorso alle armi e le vittime, sia tra gli ostaggi che tra i sequestratori. Si trattò del dirottamento di un treno nel 1975, di un successivo dirottamento nel ’77, insieme alla occupazione di una scuola -adulti e bambini compresi-, dell’attacco al Consolato indonesiano ed al Palazzo della Provincia, eventi che Westerman conobbe da ragazzo, in quanto vide molte cose da vicino.

Giornalista e scrittore, nato a Emmen, in Olanda, corrispondente in Paesi con gravi disordini interni, continua a ricercare le ragioni profonde e spesso nascoste delle azioni umane. È sempre stato orgoglioso del metodo olandese di affrontare le azioni di terrorismo, perché ha cercato di non fare vittime avvalendosi dell’opera affabulatoria e persuasiva di questi valenti psichiatri, capaci di dilazionare e interrompere le esecuzioni degli ostaggi. Questi fini conoscitori della mente umana ascoltano con pazienza le richieste dei terroristi, prendono tempo promettendo di parlarne con i superiori, si mostrano spiacenti di non poter passare la comunicazione, rassicurano che cercheranno di fare il possibile per aiutare i sequestratori. E intanto provvedono a non lasciarli affamati, ché diventerebbero più cattivi, e ad ubriacarli di parole fino allo sfinimento ed alla resa: in fin dei conti anche loro sono ostaggi sotto il tiro di armi puntate.

Il Dutch Approch è sempre stato un vanto dei governi olandesi, in momenti -gli anni settanta- in cui in Europa le azioni di dirottamento di treni ed aerei erano all’ordine del giorno. Tra i due psichiatri, Havinga era il meno propenso a prolungare troppo le trattative.

Comunque nel ’77, quando purtroppo nella seconda fase dell’intervento, quella armata, ci sono vittime tra i sequestratori, i Paesi Bassi rimangono traumatizzati per aver usato violenza.

Ma perché il terrorismo molucchese in Olanda? I molucchesi erano stati sudditi nelle Indie olandesi, avevano combattuto valorosamente schierati dalla parte dei colonizzatori, poi, quando l’Indonesia ottenne l’indipendenza nel 1949 e le Molucche con la capitale Ambon non vennero riconosciute autonome, i molucchesi furono portati in Olanda e sistemati negli spazi degli ex campi di concentramento, prima che arrivasse, negli anni, una collocazione più decente. Si mescolarono agli Olandesi, nelle scuole diventarono anche insegnanti, ma portavano nel cuore l’obiettivo di marciare su Ambon e sventolare la bandiera della RMS, la Repubblica delle Molucche del Sud. Nessuno comunque si prendeva a cuore il loro problema, erano invisibili. Terroristi agli occhi degli europei, eroi rivoluzionari dal loro punto di vista, come ce ne sono stati tanti, che sono rimasti figure di riferimento nella Storia.

Westerman non trascura questo aspetto, tuttavia apprezza la politica intelligente intrapresa in seguito dai Paesi Bassi nei confronti dei Molucchesi, che ha portato alla cessazione delle rivendicazione ed alla integrazione, partendo da una didattica che si aprisse anche alla loro cultura.

Lontano dal metodo morbido olandese, Westerman ha dovuto sperimentare tuttavia il metodo forte russo, come inviato a Mosca nel 1998, con l’inizio della repressione cecena: al quadruplice attentato dinamitardo a Mosca nel 1999, senza rivendicazione alcuna, seguì la distruzione di Groznyj, la capitale della Cecenia. «Se a metà degli anni ’90 la reazione russa al terrorismo ceceno sembrava ancora seguire in parte le orme della risposta olandese alle azioni dei molucchesi degli anni Settanta», le due strade si sono in seguito allontanate radicalmente, e il principio rimane quello di non trattare con i sequestratori, ma di intervenire con la forza, senza farsi scrupolo se tra le vittime -numerose- ci sono anche bambini. Testimonianza ne sia la scuola di Beslam nel 2004, per la cui liberazione dal sequestro ceceno le forze russe intervennero causando 351 morti, tra cui 150 bambini.

Purtroppo Westerman col passare del tempo ha sentito scemare la sua fiducia nella possibilità risolutiva della parola -questo libro è uscito in Olanda nel 2016 quando ormai subdole azioni di terrorismo ISIS hanno cominciato a colpire le grandi città europee-. È ben consapevole che tali terroristi hanno obiettivi precisi, che addirittura attribuiscono un valore etico alle loro azioni, e nessun convincimento potrebbe distoglierli dall’agire. Sono cambiati i metodi di disseminare terrore, non c’è spazio alla negoziazione.

Chissà, però, se non si possa giungere un giorno anche a trattare con l’ISIS. Henk Havinga continua a sperare di sì: non si può fare a meno della comunicazione: “la spada non può fare a meno della penna”. Purtroppo oggi “la penna non può fare a meno della spada”, per la sicurezza dei cittadini. Ma la penna non deve diventare un pezzo da museo.

 

Marisa Cechetti


 
 
 
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