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Claudio Sommaruga. Da liberazione a libertà (per la sua serenità)
Con l'intervento di Berlusconi, e quello di Primarosa Pia, per il 25 aprile 2009
 
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   26-04-2009
QUANDO L'ALLIEVO SUPERA IL MAESTRO

Pochi ma preziosi i casi in cui l’allievo, salito in cattedra, supera il maestro. Questo ha forse pensato Silvio Berlusconi quando, dal pulpito, ha impartito all’Italia una lezione di democrazia applicata alla celebrazione del Venticinque Aprile. Peccato che non ci sia niente di originale e dunque di brillante nel suo appello alla rispettosa convivenza delle varie anime della liberazione. Basta rileggersi qualche pagina di Italo Calvino. La penna dello scrittore ha descritto come pochi un momento di raro coraggio per il nostro paese, quando comunisti e cattolici, alias rossi e azzurri, onesti e farabutti, stranieri e autoctoni, nelle diversità degli interessi individuali (più o meno nobili, va ammesso), si unirono per uno scopo giusto. Lo scopo giusto della Resistenza. Sono d’altronde più di sessanta anni che nei Comuni italiani tali anime ricordano la loro vittoria sul nazifascismo. Bastava esserci nelle piazze per saperlo, ma si sa che l’inesperienza è il primo limite di ogni allievo.
Ad essere maliziosi viene allora il sospetto che il Primo Ministro abbia invitato ad allargare tale celebrazione alle due anime contrapposte nella Resistenza, quella santa e quella dannata. Un sospetto rafforzato dalla Proposta di Legge, presentata in questa legislatura e ferma in Parlamento, che vuole equiparare repubblichini e partigiani. Come se chi si schierò dalla parte sbagliata non solo per innocente passione, ma anche per avere il privilegio, intellettuale, imprenditore, commerciante o operaio che fosse, di prevalere sui propri antagonisti annientandoli, senza mai misurarsi lealmente con loro, fosse uguale a chi scelse di opporsi. Una scelta pagata cara due volte, se fortunati. La prima a prezzo dell’incolumità fisica. La seconda, se sopravvissuti, al termine della guerra. Quando, ritornati dall’esilio o scesi dai rifugi armati delle montagne, videro con amarezza che i posti di comando nella nascente democrazia erano stati presto occupati da tanti fascisti che avevano svestito la camicia nera.
Marco Lombardi   
 
   26-04-2009
Tutti coloro che sono morti possono avere il rispetto e la pietà, ma solo chi ha lottato, sofferto anche fino alla morte, perché tutti avessero la Pace, la libertà e la giustizio hanno diritto alla nostra riconoscenza, perché questi e solo questi sono stati gli artefici della Liberazione dal nazifascismo.
ANPI Bolzano   
 
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