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NNI 15. Massimo Campo. Raccontare Cuba parlando di sesso
 
Commenti presenti : 18 In questa pagina : da 11 a 18
   29-05-2008
A Leonardo Mesa consiglio, prima di parlare di UMAP con la 'leggerezza' con cui sta facendo, di leggere - se non l'ha ancora fatto - "Il lavoro vi farà uomini. Omosessuali e dissidenti nei gulag di Fidel Castro" di Félix Luis Viera. Notizie, per l'edizione italiana, le trova su questo giornale in Nuove copertine (25/11/2005) e in questo stesso Oblò (15/04/2007).
Poi ne riparli pure ...e noi lo staremo a sentire.
Cordialmente

esplora   
 
   29-05-2008
Fantastico.
Anche per i lager possiamo trovare delle giustificazioni etiche approntando questo tuo processo mentale.

Pur nelle differenze di opinione, che trovo ragionevoli, giustificare una istituzione come le UMAP è onestamente riprovevole.
Era un luogo dove mettere i gay così da tirarli fuori dai reparti militari?
Non vedi la mostruosità dell'affermazione?

Allora Arenas ha meritato gli anni di carnere a El morro? solo perché era gay? o solo perché scriveva di un regime mostruoso... aberrante come quello cubano?

Denigrare Arenas perché davvero non è scappato da Cuba col cambio del nome credi renda merito al regime?

Ho scritto il libro per raccontare la vera Cuba. Quella che ho vissuto con i miei occhi, con le mani, col cuore.
Contro tutti i bugiardi che avvelenano la verità.


Massimo   
 
   29-05-2008
Le UMAP non erano campi di lavoro forzato, se non parte dell’unità del servizio militare obbligatorio che si divideva in unità di combattimento e di lavoro. Andavano i non eleggibili per le unità di combattimento; ossia, quelli non affidabili politicamente, quelli contrari alle arme e quelli, esplicitamente, gay. Questi ultimi erano inclusi perché il disprezzo popolare creava reali e seri problemi di convivenza nelle unità di combattimento; nonostante, tanti gay non dichiarati fecero il suo servizio militare in queste.
Le UMAP non avevano l’intenzione di segregare, però rappresentava la segregazione ereditata esistente. L’errore fu raggruppare tutte le categorie discriminate, riaffermando – senza volerlo – la discriminazione stessa. Le UMAP durarono poco (1965-1968). Sono seguite dall’EJT (Esercito Giovanile del Lavoro) con composizione eterogeneo, anche se – a mio avviso –fino agli anni 80, ancora discriminante.
L’essere gay era popolarmente tollerato soltanto nel caso degli scrittori, artisti e attori. Molto tempo fa un grande architetto gay diceva: «A Cuba, la cultura entra per il culo».
È opportuno sottolineare che ci fu una distinzione fra gay (good as you) e gay (“contenti”); fra omosessuale e maricón. Il film “Fragola e cioccolato” in un esplicito dialogo chiarisce la differenza.
Da Miami, approfittandosi dell’avversione popolare, cominciarono ad accusare d’essere gay a Raúl Castro, Celia Sánchez, Haydée Santamaria, Armando Hart, Jesús Montané e anche Fidel. Tramite la radio dicevano «cubano, non ti lasciare inculare da un maricón». Nella storia della Rivoluzione ci sono stati tanti prestigiosi gay; per esempio, Ricardo Porro, grande architetto (esule in Francia) era altamente riconosciuto e favorito.
Reinaldo Arenas non compie carcere perchè gay se non per avere diffuso delle notizie e racconti tergiversati sulla realtà cubana approfittandone del suo posto di scrittore e editore della Gazzetta di Cuba (1968-1974); si può non essere d’accordo con la punizione; però, comunque, non perché gay. Questa è una farsa simile al cambio del cognome Arenas per Arinas per potere uscire da Cuba. Nel porto di Mariel, quelli incaricati fare valere i divieti avevano a disposizione nome, cognome, indirizzo, numero di identità e fotografie. Non bastava un puntino sopra la e per “fregare” le autorità; Arenas, semplicemente, non era in lista.
Oggi Mariela Castro, direttrice del Centro Nazionale d’Educazione Sessuale si sta impegnando per stroncare definitivamente l’omofobia, e già se insinua, se dice, e perfino si assicura, che è lesbica. E si Mariela lo fossi, quale è il problema? Il problema è che i nemici del governo cubano manipolavano ieri e manipolano oggi.

Leonardo Mesa   
 
   28-05-2008
"Non posso crederci, Fidel Castro ha parlato personalmente della sua indignazione nei confronti della discriminazione sessuale e di qualsiasi altro tipo di pregiudizio. "

Per amor di verità... t'invito a leggere di una deliziosa invenzione di Fidel Castro. Le UMAP... Unidades Militares de Ayuda a la Producción... dietro il nome socialisticamente buono c'erano dei lager gentilmente dedicati a gay e anticastristi.
Altro che indignazione....
Massimo   
 
   28-05-2008
Non è questo l'argomento del libro.
Ma il fallimento totale delle politiche economiche di stampo socialista che costringo Cuba alla miseria.... e quindi alla prostituzione come strumento di sopravvivenza.
Lo stesso motivo del blocco, se pure a mio avviso immorale, è sempre meno credibile e più strumentalizzato.
Per quello che riguarda la libertà sessuale a Cuba, poi, non è che sia esempio massimo di tolleranza... ma in un contesto di limitazione delle libertà personali di espressione (politica su tutto) non sarebbe stato possibile pretenderlo.
Ricordare Arenas, però, che come omosessuale e anticastrista ha fatto anni carcere ed è stato costretto all'esilio è un dovere morale.
Massimo   
 
   28-05-2008
Non posso crederci, Fidel Castro ha parlato personalmente della sua indignazione nei confronti della discriminazione sessuale e di qualsiasi altro tipo di pregiudizio.
Ha ammesso che negli anni sessanta la discriminazione sessuale a Cuba era molto elevata, ma questo solo a causa di tempi sociali differenti.
Ora la tolleranza a Cuba sta migliorando, in Italia non esiste una legge che tuteli le differenze sessuali, sull'isola invece sì!
E' facile giudicare quando i propri maestri di vita sono i mass media!
Vampy   
 
   27-05-2008
Non vedo l'ora di poter leggere questo libro. Conosco Massimo da tanti anni e lo reputo una persona intellettualmente eccezionale ed eccezionalmente sincera.
Sono convinto che sarà una gran bell'opera.
Auguri di cuore Massimo.
Sergio   
 
   27-05-2008
Auguro a Massimo il successo che merita. Anche se siamo passati fra alti e bassi, come su un'altalena.
Valeria   
 
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