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Enrico Marco Cipollini. Dall'IO al NOI
 
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   23-09-2013
Premetto che leggere un articolo di questo tenore è sempre un piacere e un ottimo modo per
imparare e riflettere sulla vita e sui suoi “misteri”. Quindi grazie a Enrico che ci condivide le proprie
riflessioni ben curate ed espressione di una cultura in lui profondamente radicata.
Che altro dire sulla sofferenza e sul dolore, sull’ io e sul noi, su Amore e sulla conoscenza di sé…
se non provare a riportare il tutto (come fanno i filosofi…) alla nostra quotidianità, alle nostre esperienze
e al nostro relazionarci al mondo che ci circonda, alla vita e alla attualità della stessa, con le sue infinite contraddizioni ma anche con le sue infinite “possibilità”.
Una globalizzazione senza regole se non quelle imposte dal “denaro” ci porta oggi a non avere più alcuna certezza nel presente, nell’attimo e in quello successivo. Quindi se proviamo a confrontarci con il “futuro”
non vediamo altro che buio. L’uomo si arrende, anzi è costretto ad arrendersi o quantomeno a non coltivare più quella “speranza” che lo porta a lottare.
Per questa indubbia motivazione nasce nell’uomo moderno il senso di inutilità.
Ma non intendo negare con questo il valore della consapevolezza di sé e dell’ agire per il cambiamento ove ciò che siamo o che crediamo di essere non ci soddisfi. Questo è un diritto intrinseco nell’uomo e che nessuno, neppure la più spietata dittatura (di un individuo o di un potere economico) riuscirà mai a cancellare.
E non si deve e non si può neppure generalizzare in quanto, quando si cerca di disquisire su cosa ci possa far prendere coscienza di sé e quindi sul come si percorra la strada dall’io al noi, non bisogna mai dimenticarsi che si parla dell’ “uomo” in quanto “essere umano e persona” e quindi, di norma, di quella enorme parte dell’ umanità che viene “soggiogata” da una diversa parte dell’ umanità che è quella dell’uomo non-umano, ma tecnocrate fino al punto di considerare solo l’ avere e il possesso quali fini ultimi della propria vita non-vita, e che non si rendono conto che invece la vita è un composto di sentimenti, di carne e di cuore, di cervello-materia e di cervello-pensiero.
Ma ognuno ha la sua “Notte” e la propria sorte, che sia già scritta o meno. E quindi convengo in pieno con il fatto che “l’essere umano è una creatura senza età fissa” e che ci sono i tempi del dolore e i tempi della felicità, quelli dell’odio e quelli dell’amore… ma che sempre si debba tendere all’ essenza del percorso che ci vede in cammino verso il “noi”, verso quel senso dell’esistenza che si pone domande e che cerca risposte tendendo a quella “azzurrità” che quaggiù potrà farci condividere in paradiso e non solo l’inferno.
Grazie Enrico…
Italo.

italo zingoni   
 
   21-09-2013
L'uomo che si interroga sulla vita è divenuto animale in estinzione, poiché il potere imperante costituito, sociale, finanziario e religioso ha fatto di tutto perché egli NON pensasse più, ma che questi sia solo un esecutore di ordini impartiti con la paura dal potere dello Stato o da quella dell'Inferno. Non servono molti argomenti per convincerci che la parte essenziale di ognuno di noi non è un corpo che possiamo rimirare in uno specchio, ma sapere che noi siamo essenzialmente spirito, dunque l'IO, cioè coscienza di essere o di esistere, quindi un IO con personalità e corpo fisico per poter manifestare se stessi.
"Je est un autre" direbbe il grande poeta francese Rimbaud, il quale usa questa espressione allo scopo di uscire dal soggettivismo, probabilmente egli la intende in altra maniera, io, molto semplicisticamente,la userei come passaggio dall'Io al NOI...dunque l'Amore come forza che spinge verso realtà superiori, come unione e completamento di sé, quel sentimento che avvertiamo quando percepiamo nell'altra persona la metà perduta. La natura umana ha bisogno dell'altro come di una parte di sé senza la quale non può realizzarsi. L'Amore come unione profonda, come fusione tra due individui, unificazione vera ha luogo solo fra i viventi e che quindi sono viventi l'uno per l'altro nel modo più completo.
L'Amore è dare reciproco, Giulietta (Romeo e Giulietta) dice: "Più ti do, tanto più io ho...", l'Amore acquista ricchezza di vita nello scambiare tutti i pensieri, tutte le molteplicità dell'anima, poiché cerca infinite differenze e trova infinite unificazioni, si indirizza all'intera molteplicità delle nature per bere da ognuna delle sue vite. Quel che c'è di più proprio si unifica nel contatto e nelle carezze degli amanti fino a perdere la coscienza, fino al toglimento di ogni differenza. Quel che è mortale ha deposto il carattere della separabilità ed è spuntato un embrione di immortalità, un vivente. L'unificato non si separa più. la divinità ha operato. "...un alato messaggero che cavalcando sopra pigre nuvole, veleggiasse per l'infinito AZZURRO!".
Grazie Enrico per gli ottimi brani che ogni volta ci regali e con i quali ci fai deliziare!
daria kar    
 
   20-09-2013
La liason fra l'Io e il Noi ci regala l'opportunità di avvicinarci a una disamina della crescita del Sé e dell'identità. La complementarietà Io/Noi definisce lo scambio fra le due parti di un Sé che sa avanzare in un percorso vivo di equilibrio e di crescita.
Spesso ci scontriamo con una rottura tra l'Io e il Noi. La frammentazione dell'individuo in se stesso determina confusione,sìconfusione,pare costruire la base di una collettività depauperata nelle sue regole. L'uomo,spezzettato, non può dar vita ad una società in cui regnano la certezza e l'opportunità di guardare con animo aperto alla cocretezza di rapporti saldi.L'uomo frammentato vivrà più facilmente una situazione di fragilità che lo porterà a ritrovare la sicurezza perduta riempiendola con i succedanei che la società gli ammannisce, coscienza/non coscienza. È questo status a rendere orwellaniamente controllabile,privo di autonomia,inetto allee proprie necessità,disavvezzo a mettere nell'obiettivo la sua autenticità,senza soluzione di fronte al disagio,impaurito e in cerca di più facili pseudo-verità che lo deresponsabilizzino dalla crescita di Sé e dall'alzare quel velo di Maya che gli s_velerebbe quanto tempo ha vissuto in una non vita. È 'assenza di armonia fra l'Io e il Noi a creare Sceneggiature di vita, ad avvilire l'ek_sistere lungo una via drammaturgica in cui l'idea del destino (non coscienza) e il sentimento del senso (coscienza) si abbracciano struggenti in un abbraccio mortale. Che sia coscienza! Grazie Enrico di avermi fatta faticare riflettendo, di aver fatto di me una coscienza ancora viva.
Federica Bonzi   
 
   20-09-2013
i due aspetti della duplicità umana, il nucleo esistenziale dell'essere "attivo" o "passivo" così mirabilmente e sottilmente evidenziati dal prof Cipollini, sono strettamente connessi, quasi interdipendenti...essi sono come la luce e l'ombra della realtà umana. Essere, è riconoscersi per accettarsi o per cambiarsi, nella incessante ricerca del mistero dell'uomo e di Dio?
rosaria esposito   
 
   19-09-2013
Se il cuore è il motore del corpo il cervello è la nostra centralina, gioie e dolori ci sorridono dai cassetti della memoria.Non si dimentica ciò ch'è stato nel male e nel bene sono tutto ciò che siamo.Essere consepevoli di lasciarsi alle spalle qualcosa o qualcuno non vincola l'essere umano dal divenire migliore..bagagli personali che arricchiscono una persona da sempre servono...la memoria aiuta solamente a comprenderne il guasto. Dunque la vera domanda è: cosa davvero vogliamo essere? Ognuno di noi è ciò che è a prescindere, le rape rimarranno rape (seppur buone)e l'oro rimarrà oro, i cambiamenti radicali possono avvenire ma è la capacità di apprendimento del singolo individuo dal valutare i propri errori e a poter trarne beneficio a fare dell'individuo stesso una persona diversa. Conoscere sé stessi e i propri limiti, ma l'essere umano ha poi dei limiti? Io credo di no, soprattutto se guardiamo all'anima della gente, senza porci troppi problemi capiremmo infondo infondo che ognuno di noi ha qualcosa che ci assomiglia, o qualcosa (e per qualcosa intendo dote fisica o mentale) che vorremmo... come dici sempre tu Enrico siamo tutti apprendisti in questo mondo. Io dico: soprattutto di sé stessi.
Matteo Crosera   
 
   19-09-2013
Attraverso l\'esperienza del dolore si amplifica il sentire esistenziale affinando l\'indagine e la coscienza (o autocoscienza), la consapevolezza dell\'essere da cui il processo di ri-conoscersi attraverso un lavoro di ricostruzione tra l\'io e il sé. L\'io soggetto alle modifiche del tempo che dialoga con un sé atemporale. cruciale ed emblematico a tal riguardo il richiamo al concetto di Ek-Stasis, il dissolvimento dell\'io particolare nel Sé universale, il naufragare nell\'Uno. Noi siamo in ultimo i nostri occhi sul mondo, sulla vita e sulla morte.Il pericolo imminente per tale dialogo è la \"dislessia\" tra il Soggetto e L\'Oggetto e da qui la Daseinsanalyse che tenderà ad azzerare la differenza tra Soggetto ed Oggetto per un passaggio dall\'Io al Noi, all\'esser-ci, alla comprensione dell\'Uomo nella sua esistenza. Attenzione particolare alla caduta della concezione di un mondo divenuto strumento asservito a un uomo che assume valore di merce, il cui valore è dato dalla misura della sua produzione. Da qui il predominio dell\'Ente sull\'Essere e la perdita dell\'esser presenti a noi stessi autenticamente. Il rischio di \"non essere\", l\'inquietudine, l\'insoddisfazione, il mal-essere, il progettarsi passivamente subendo le modifiche di un mondo scollegato a noi che non ci rappresenta e che non ci riconosce. Atteggiamento di fallimento esistenziale. La crisi della relazione con sé stessi, l\'io che non dialoga più col sé ma che subisce passivamente la propria crisi esistenziale in un mondo alieno.La solitudine e l\'inutilità della crisi della propria immagine in uno specchio frantumato che non riflette più , che non riconosce più. Il rischio di non provare ad Essere, lo smettere di cercare il dialogo e l\'identificazione tra l\'Io e il Sé e la crisi della percezione di un mondo che non ci rappresenta.
Rosaria Chiariello   
 
   18-09-2013
Quando preferiamo un non essere , quando siamo mal-essere ,allora non siamo autetincamente presenti a noi stessi. Oggi purtroppo, è più comoda la mistificazione dell'essere ,dell'es ,il disconoscimento delle nostre vere passioni e pulsioni per un accomodamento dell'io alla convenienza sociale ,allo status quo.
rosanna spezzati   
 
   18-09-2013
Buonasera Enrico Marco Cipollini,sono riuscita a leggere solo adesso.Bello, una spiegazione..piena. Improvvisamente tanti stati d'animo prendono un nome, uno svolgimento logico. Poi rileggo con calma, stasera. Un piacere, tra le pieghe del giorno ,
vedere la parola -Azzurrità-

Lucia D'alessandro   
 
   18-09-2013
Grazie Enrico per questo tuo contributo, molto articolato ed interessante, mi riservo di rileggerlo e “masticarlo” come doverosamente merita. A caldo voglio esprimere questo:
le certezze che (tutti, credenti e non) abbiamo sono il nascere e il morire e in mezzo ci sono gioie e dolori, maturità è averne consapevolezza è accettarle come esperienze che ci umanizzano
È vero, manca la relazione, manca la relazione positiva, costruttiva, che permette al sé di percepirsi autenticamente, così prende il sopravvento l’io ( c’è un dilagare dell’egocentrismo) ai danni, ahimè, della dimensione relazionale e comunitaria

Rossella D'Alba   
 
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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