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Italia-Cuba. Milano 6 maggio 2010 (con video)
Protestano contro il “Corriere della Sera” gli “amici” di Cuba
 
Commenti presenti : 5 In questa pagina : da 1 a 5
   11-05-2010
Non mi stupisco più di tanto della noisa ripetizione dei castristi. Nemmeno della ripugante assenza di etica. Non penso che alle manifestazioni che organizza la famigerata Italia Cuba ci siano degli ingenui. Quello che più mi meraviglia è la completa mancanza di fantasia per fabbricare nuove e più sofisticate menzogne.
Molti italiani ormai lo sanno. Gli americani, costiruiscono la carta usata da Castro per attirare l’attenzione, per guadagnare adetti alla sua causa. Tutti o quasi…lo sanno che gli Stati Uniti sono di maniera velata o aperta odiati da tanti. Castristi anche se l’evidenze sputano pure i propagandisti, loro continueranno a negare i centinaia di migliaia di persone passati dalle prigioni castriste per motivi politici. Anzi a Cuba quasi tutti sono dissidenti, perché esistono i dissidenti economici, chi fanno le cose normali per il resto dei cittadini del mondo, al meno del mondo democratico.
Lupi ha ragione quando dice che gran parte della colpa è dei cubani che permettono che un "qualunque" che ignora la sofferenza del popolo cubano. E li ignorano perché sono indifferenti alla sofferenza dell’essere umano.
Per fortuna non tutti i cubani hanno paura. Finché uno due, tre, cinque, sette o cento si facciano vedere in piazza c’è speranza che tutto finisca. Zapata ha dato uno spintone alle menzogne e già la luce incomincia a vedersi.
Finché qualcuno dei cubani sia visto in piazza, potremo dire, assicurare che la dignità rimane al meno in qualcuno che non si fa calpestare dagli sporchi stivali castristi.


Carlos Carraleo   
 
   09-05-2010
Parliamo di come vive il popolo cubano invece di riscaldare la solita minestra di Posada Carriles e dei cinque eroi. Nessuno ha mai detto che Posada Carriles non meriterebbe la galera a vita. Distinguiamo i terroristi da chi vuol solo manifestare le proprie idee. Non è difficile, credo. Non è estremizzando che si arriverà mai a qualcosa. I cinque eroi non mi sembrano così eroi, sono soltanto cinque spie prese -per dirla alla Di Pietro - con il sorcio in bocca. Nessuno vorrebbe che vivessero in condizioni disumane, comunque. Queste cose vanno oltre la vita quotidiana. Il problema del popolo è non avere libertà. Avete presente compagni di Italia - Cuba? Provate a svegliarvi domani mattina e a trovarvi qaualcuno che vi chiede la carta bianca per andare a fare le vacanze a Sharm o a Cuba. Provate, poi ne riparliamo...
Gordiano Lupi   
 
   08-05-2010
Esiste a livello internazionale una vera e propria "censura di regime", anche da parte dei mass media cosiddetti "democratici e progressisti", che da anni nasconde le continue provocazioni ed aggressioni degli USA, che in 5 decenni hanno causato oltre 3000 vittime tra il popolo cubano ed il fatto che Luis Posada Carriles ed Orlando Bosch, due terroristi che ne sono i mandanti dichiarati, vivono liberi ed impuniti nella soleggiata Florida del "democratico" Obama, candidato al "Nobel per la Pace" e responsabile del mantenimento del piratesco "embargo" contro Cuba.
Tra queste vittime c'è anche il cittadino italiano Fabio Di Celmo, che non ha mai avuto alcuna giustizia, complice il silenzio connivente delle nostre autorità istituzionali.

Sabato 10 ottobre 2009 si è svolta a Milano la manifestazione nazionale organizzata dall'Associazione di Amicizia Italia-Cuba per chiedere la libertà dei Cinque patrioti cubani ingiustamente detenuti nelle carceri USA da 11 anni per aver smascherato le organizzazioni terroristiche che dal territorio statunitense organizzavamo azioni contro Cuba.
Gli USA, ipocriti paladini della guerra al terrorismo, hanno arrestato i Cinque cubani che avevano smascherato queste organizzazioni terroristiche protette dal governo americano.

BREVE RIASSUNTO DEL CASO DEI CINQUE CUBANI

Dopo quasi quarant’anni di attacchi a Cuba (incendi dolosi, sabotaggi, omicidi e utilizzo di armi biologiche) perpetrati da gruppi terroristici anti-cubani del sud della Florida nella sostanziale connivenza del Governo degli Stati Uniti che ha sempre rifiutato di adottare misure per evitare tali attacchi, Cuba ha inviato un gruppo di uomini disarmati negli Stati Uniti affinché monitorassero le attività dei gruppi mercenari responsabili di tali azioni e quelle delle organizzazioni che li sostengono, in modo da informare Cuba prima che i loro piani di aggressione fossero messi in pratica.

Nel settembre 1998 cinque di questi uomini - poi noti come i "Cinque" - sono stati arrestati nel sud della Florida da agenti dell’FBI e tenuti in celle di isolamento per 17 mesi prima che il loro caso venisse portato davanti al Tribunale di Miami con una serie di accuse pesantissime, tra le quali l’associazione per delinquere e lo spionaggio, oltre ad alcune imputazioni minori legate alla mancata autenticazione degli stessi come agenti di uno Stato straniero negli Stati Uniti.

Sette mesi dopo l’inizio del processo è stata poi aggiunta un’accusa a carico di uno dei Cinque, Gerardo Hernández, che sarebbe stato complice del Governo cubano nell’abbattimento di un aereo di un’organizzazione anticastrista che aveva violato lo spazio aereo cubano e non aveva rispettato l’ordine di abbandonarlo, causando la morte dei quattro occupanti, secondo una prassi del resto perfettamente conforme al diritto internazionale.

Lo svolgimento del processo a Miami – e dunque in una sede e con una giuria popolare notoriamente e del tutto e di principio ostile a Cuba e agli imputati - fortemente contestato fin dall’inizio dalla difesa dei Cinque, ha impedito fin dal principio la realizzazione di un processo giusto.

Dopo un processo di durata eccezionalmente lunga, oltre 119 volumi di testimonianze e 20.000 pagine di documenti, compresa la testimonianza di tre generali dell’esercito in pensione, di un ammiraglio anche lui in pensione e dell’ex-consigliere del Presidente Clinton per gli affari cubani e di alti ufficiali che hanno semmai provato l’innocenza e non la colpevolezza dei Cinque; dopo un estremo tentativo del Governo statunitense, che non riusciva a provare la più grave delle accuse, di promuovere l’intervento dell’autorità giudiziaria superiore; e dopo pressioni intensissime da parte dei mezzi di informazione locali - le cui telecamere inseguivano i giurati fino alle loro autovetture affinché potesse essere ripreso il numero delle targhe – e da parte degli anti-castristi che non cessavano di manifestare davanti al tribunale, la giuria ha riconosciuto i Cinque colpevoli per tutte le accuse loro rivolte nonostante la mancanza assoluta di prove delle loro colpevolezza e i Giudici hanno inflitto pene la cui gravità non ha precedenti nella storia della giustizia nordamericana: cinque ergastoli in totale a tre dei Cinque e decine di anni di reclusione.

Dopo la condanna i Cinque, che sono stati detenuti dall’inizio del processo e lo sono tuttora, sono stati rinchiusi in cinque diverse carceri di massima sicurezza, molto lontane una dall’altra e senza poter comunicare tra di loro.

Nel processo d’appello, che ha richiesto ulteriori 27 mesi, il 9 agosto 2005 la Corte di Appello di Atlanta ha annullato il processo di primo grado ritenendo il processo avvenuto nella violazione dei diritti dei Cinque, ma il Governo, con una decisione insolita, ha insistito per la revisione di tale sentenza in adunanza plenaria della Corte in un procedimento chiamato "en banc". Esattamente un anno dopo, il 9 agosto 2006, con il dissenso esplicito di due dei dodici giudici della Corte, la Corte ha revocato a maggioranza la decisione precedente sulla legittimità della Corte di Miami a pronunziarsi sul caso dei Cinque e ha rinviato il caso alla corte formata dai tre giudici affinché esaminassero gli altri capi dell’appello.

Nel frattempo, il 27 maggio 2005, il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle Detenzioni Arbitrarie, dopo aver studiato gli argomenti presentati sia dalle famiglie dei Cinque che dal Governo degli Stati Uniti, ha determinato che la privazione della loro libertà, che durava allora ormai da sette anni, era arbitraria e ha esortato il Governo degli Stati Uniti a prendere le misure necessarie per correggere tale arbitrarietà che rappresentava una violazione dell’art. 14 della Convenzione Internazionale sulle Libertà Civili e Politiche, di cui gli Stati Uniti sono firmatari.

Dalla sua creazione, questa é stata l’unica occasione in cui il Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie ha denunciato come arbitraria la privazione della libertà in un caso giudicato negli Stati Uniti, per le violazioni commesse durante lo svolgimento del processo.

Gli Stati Uniti hanno ignorato del tutto l’invito e il processo di appello è proseguito davanti all’11° Circuito della Corte di Appello di Atlanta. Nell’udienza pubblica del 20 agosto 2007, esattamente come nelle due precedenti celebrate nel marzo 2004 e nel febbraio 2006, il Governo degli Stati Uniti è stato incapace di confutare gli argomenti della Difesa e di provare le sue accuse ma, ciononostante, il 4 giugno 2008 la Corte d’Appello di Atlanta ha confermato la sentenza limitandosi ad invitare la Corte di primo grado a rivalutare alcune delle pene inflitte.

La colpevolezza di tutti i Cinque è stata pertanto riaffermata nonostante il circostanziato dissenso di uno dei giudici, la signora Phyllis Kravitch che in oltre 14 pagine di motivazione ha sottolineato come il Governo non abbia fornito prova delle imputazioni, della segretezza e del pregiudizio agli interessi nordamericani delle notizie che erano in possesso dei Cinque, nonché alcuna prova a carico di Gerardo Hernández a supporto dell’accusa di concorso nell’abbattimento dell’aereo.

Il 30 gennaio 2009 il pool di difesa dei Cinque ha presentato l’istanza di "certiorari" alla Corte Suprema degli Stati Uniti, in cui ha chiesto a detta Corte di esaminare il caso.

Gli avvocati della difesa hanno argomentato la loro istanza sulla base della lesione dei diritti degli imputati ad avere un giusto processo e di essere giudicati sulla base di prove certe.

Questa istanza é stata accompagnata da ben 12 interventi a favore della revisione del processo da parte di "amici della Corte" (amicus curiae brief), firmati da 10 Premi Nobel, dalla ex-Commissaria per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, dal plenum del Senato del Messico oltre a centinaia di parlamentari di 9 paesi e da organizzazioni legali e dei Diritti Umani di tutto il mondo: il maggior numero di interventi a favore che sia mai stato presentato alla Corte Suprema degli Stati Uniti per la revisione di un processo penale.

Ciononostante il 5 giugno 2009 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annunciato, senza motivazioni, la sua decisione di non riesaminare il caso dei Cinque cubani.

Le azioni di solidarietà e le iniziative sul piano giudiziario devono però continuare e intensificarsi per riportare in patria i Cinque che hanno già scontato, innocenti anche secondo i principi fondamentali della giustizia nordamericana che non può condannare senza prove, undici anni ininterrotti di detenzione in condizioni disumane e degradanti inammissibili per la giustizia di qualsiasi Paese.

¡VOLVERAN!
CHI ERA FABIO DI CELMO
Fabio Di Celmo è il tipico esemplare di morto di serie B. I suoi parenti non hanno avuto giustizia, i mass media non ne hanno quasi mai parlato e non ha nemmeno avuto targhe, medaglie e piazze dedicate. Il suo nome era Fabio di Celmo. Vi raccontiamo la sua storia.

Fabio Di Celmo è un imprenditore genovese di 32 anni, il 4 settembre del 1997 con i suoi amici sta nell’atrio di un albergo dell’Avana a Cuba, in procinto di partire dopo una vacanza. All’improvviso si sente una deflagrazione, una bomba composta di esplosivo C4 uccide il povero Di Celmo.

E’ solo l’ultimo di una serie di attentati degli anticastristi di Miami che cercano di creare una sorta di strategia della tensione, per allontanare i turisti da Cuba e mettere così in ginocchio l’economia della nazione caraibica, già in difficoltà per un arbitrario ed ingiusto embargo.

Viene arrestato l’esecutore materiale dell’attentato Raul Ernesto Cruz, che indica come mandate Luis Posada Carriles. Due parole su questo terrorista completamente ignorato dalla nostra stampa. Posada Carriles è il Bin Laden sudamericano, già nel 1976 mise una bomba nell’aereo dell’Avacion Cubana dove morirono 73 persone, prima recluso in Venezuela, evase successivamente in maniera “misteriosa”. In un’intervista al New York Times del 12 luglio 1998, dichiarò testualmente: “la morte del turista italiano è stato solo un incidente imprevisto che non mi turba affatto i sonni. Anzi io dormo come un bambino: l'italiano si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato”. In seguito Carriles venne arrestato a Panama in quanto, alcuni anni prima, stava organizzando un attentato contro Fidel Castro che avrebbe causato anche centinaia di morti. L’incriminazione non avvenne su pressione di Bush giovane, in quanto Carriles sapeva le malefatte di Bush vecchio compiute durante le guerre sporche in Americhe Latina.

Nel 2005 Carriles è stato fermato negli USA per violazione della legge sull’immigrazione; l’8 maggio del 2007 il giudice Cardone ha disposto la sua liberazione, mentre il suo avvocato faceva domanda per avere l’asilo politico dagli Usa in quanto “ha favorito gli interessi degli Usa per 40 anni”. Insomma La nazione che fa una guerra planetaria contro il terrorismo, ospita essa stessa un pericoloso terrorista! Violando la risoluzione dell’ONU 1373, votata all’indomani degli attentati dell11 settembre 2001. Semplicemente assurdo!

L’italia in questi quasi 10 anni non ha mai fatto richiesta ufficiale di estradizione per Posada Carriles, come pure aveva fatto per alcuni militari argentini della dittatura dei desaparecidos, incolpati per omicidio di alcuni nostri connazionali.

Solo il 21 giugno scorso, grazie ad un’iniziativa del deputato del PDCI Venier ci si sta muovendo, in quanto la magistratura italiana ha incriminato Carriles per l’omicidio di DI Celmo.

In questa vicenda il silenzio dei media è stato un qualcosa di vergognoso, tutti giustamente a fare reprimende a Cuba quando non rispetta i diritti umani, negando però che a Cuba la sanità, l’istruzione, le attività sportive, sono cose che in altri Stati dell’America Latina “democratici”, sono ancora un’utopia.

Solo Giustino Di Celmo, il padre di Fabio ora 85enne, continua con il sostegno di pochi la sua battaglia per avere giustizia.

Per la cronaca a Fabrizio Quattrocchi, morto in Iraq da “eroe” è stata concessa dall’ex Presidente della Repubblica Ciampi una medaglia d’oro alla memoria. Ma questa è un’altra storia, in Iraq e Afghanistan tutto è concesso: stiamo combattendo il "terrorismo"…

Patrizia Cucinotta   
 
   07-05-2010
Certe manifestazioni fanno tristezza perchè vengono fatte contro il popolo cubano, ma saranno legittimate sino a quando i cubani che vivono all'estero le permetteranno. Ergo: se i cubani non si tolgono di dosso la paura e cominciano ad avere il coraggio di parlare e di protestare, certi personaggi che difendono il loro regime potranno continuare a spacciarsi per loro difensori. E non lo sono!
Gordiano Lupi   
 
   07-05-2010
Quando si potrà fare una protesta, sotto il granma a Cuba?

Come mai, hanno potuto manifestare tranquillamente senza nessun atto di ripudio?

Quando gli "amici" di Cuba, risponderanno a queste domande, saranno credibili, fino a que non rispondono, sono solo dei mercenari pagati da Cuba.
marino   
 
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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